FORMAGGIO

 

 

 

 

Che cosa significa DOP?

 

DOP: Denominazione di Origine Protetta
Questa denominazione viene attribuita per identificare un prodotto la cui produzione, trasformazione ed elaborazione hanno luogo in un'area geografica ben delimitata, in base ad un'esperienza riconosciuta e constatata e secondo un determinato processo produttivo (disciplinare di produzione).
La qualità e le caratteristiche sono quindi dovute principalmente all'ambiente geografico inteso come fattori naturali e esperienza umana maturata nel tempo. La DOP può essere assimilata ad una denominazione DOC italiana o AOC francese che però godevano di tutela solo nel loro territorio nazionale.


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Cosa vuol dire "STG"?

 

STG: Specialità Tradizionale Garantita

Questa dicitura non fa riferimento a un'origine, ma ha per oggetto la valorizzazione di una composizione o di un metodo di produzione tradizionale. Un prodotto STG può quindi essere realizzato in qualsiasi Nazione della Unione Europea, purchè nel rispetto del disciplinare di produzione relativo. Questi prodotti sono contraddistinti dal logo riportato sull'etichetta.


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Quali caratteristiche ha la mozzarella stg?

 

CENNI STORICI
L'attitudine alla “filatura” il caratteristico processo che consente di ottenere i formaggi a pasta filata, tipici del Meridione d'Italia, è posseduta sia dal latte di bufala che da quello di vacca. I due animali sono stati allevati con successo fin dai tempi remoti selezionando per ognuno di essi l'ambiente più idoneo: collinare ed asciutto con foraggi migliori per la vacca, pianeggiante ed acquitrinoso con foraggi grossolani per la bufala. La parola “Mozzarella” deriva dal termine “mozzare”, operazione questa praticata a mano nella fase finale della lavorazione dei formaggi a pasta filata. La denominazione “mozzarella” senza alcuna specificazione, era impiegata per i formaggi a pasta filata che si ottenevano impiegando la tecnica tradizionale di filatura utilizzando latte di vacca, latte di bufala o miscele di questi.


DESCRIZIONE DEL PRODOTTO
La mozzarella di tipologia tradizionale è un formaggio a pasta filata, molle, a fermentazione lattica. La forma può essere sferoidale, con peso da 20 a 250 g, eventualmente con testina, o a treccia, con peso fra i 125 e i 250 g. Si presenta con crosta assente, presenza di pelle a consistenza tenera; superficie liscia e lucente, omogenea, di colore bianco latte, pasta di struttura tipicamente fibrosa a foglie sovrapposte, che rilascia al taglio e per leggera compressione liquido lattiginoso; occhiature assenti; colore bianco latte, omogeneo, esente da chiazze e striature.
Consistenza, morbida e leggermente elastica. Sapore caratteristico, sapido, fresco, delicatamente acidulo. Odore caratteristico, fragrante, delicato, di latte lievemente acidulo. Il grasso sulla sostanza secca deve essere al minimo pari al 44% (m/m); umidità per la forma sferoidale 58-66% (m/m), e per la forma a treccia 56.62 % (m/m); pH della pasta 5.1-5.5.
Il prodotto va conservato ad una temperatura compresa fra 0° C e +4 °C.
Deve essere confezionato in involucro protettivo e commercializzato in contatto con un liquido di governo, costituito da acqua con eventuale aggiunta di sale, a contatto diretto se l'involucro è ermetico, per diffusione se l'involucro è forato o permeabile. Elementi di tipicità di questo formaggio sono soprattutto costituiti dalla materia prima impiegata, il latte fresco di bovina, dall'impiego del caglio bovino liquido, dal lattoinnesto naturale e dalla filatura, operazione consistente nel lavorare la pasta del formaggio a fine maturazione, previa aggiunta di acqua bollente, in modo da ottenere la particolare consistenza del prodotto finale e il “bouquet” determinato dalla microflora tipica di questo formaggio.

AREA DI PRODUZIONE
La mozzarella STG può essere prodotta nell'intero territorio della Unione Europea. I produttori interessati, ricadenti nell'intero territorio della Unione Europea, la possono produrre adottando il disciplinare di produzione registrato ai sensi del Reg. CEE 2082/92 che tutela gli alimenti che, realizzati secondo le ricette tradizionali di uno Stato membro, possono essere prodotti in tutta la Unione Europea. La produzione italiana nel 1999 è stata stimata intorno alle 250.000 tonnellate delle quali oltre 24.000 sono state esportate.

REGISTRAZIONE
La “Mozzarella (STG)”, Specialità Tradizionale Garantita, è stata registrata con Reg. CE 2527/98.
Attualmente è l'unica attestazione di specificità italiana registrata, ai sensi del Reg. CEE 2082/92. ORGANISMI DI CONTROLLO- Agroqualità


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Cosa significa IGP?
 

IGP: indicazione geografica protetta.

Anche in questo caso i prodotti sono collegati alla regione di cui, in genere, portano il nome. Questo legame, però, è meno stretto o comunque diverso rispetto a quello visto per alla denominazione d'origine.
Le due condizioni necessarie per poter acquisire la IGP sono:

  • una delle fasi di produzione deve essere effettuata nella zone delimitata: ma, per esempio, le materie prime che intervengono nella produzione possono anche provenire da un'altra regione.

  • deve esistere un collegamento tra il prodotto e la regione da cui prende il nome. Questo legame, però, può essere molto più blando di quanto avviene per la certificazione dop.

La denominazione IGP, che, evidentemente, ha un valore molto diverso dalla dop, nasce dalla convinzione che un'indicazione geografica può essere protetta anche se non è dimostrato che le caratteristiche specifiche del prodotto siano dovute alla sua regione di provenienza. I legislatori, infatti, ritengono che questo possa essere un elemento essenziale e per l'acquisizione o la conservazione di una clientela.
Ecco allora una discriminante utile per i consumatori: la dop è un indicazione legata totalmente alla regione di produzione, l'igp si riferisce a produzioni caratteristiche di un luogo ma le cui materie prime possono avere provenienze diverse.


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Quali sono i valori nutrizionali del formaggio?
 

Valori nutritivi

Il latte è l'alimento che i mammiferi destinano all'alimentazione dei loro piccoli nei primi mesi di vita: non c'è dubbio dunque che si tratti di una sostanza ricca dal punto di vista nutrizionale.
La lavorazione del formaggio incide relativamente poco su queste qualità positive: anzi, portando all'eliminazione di buona parte dell'acqua concentra rende più assimilabile il "residuo solido" costituito da grassi, proteine, vitamine e sali minerali.
Non è possibile esprimere valori nutritivi assoluti per il formaggio, data la loro variabilità a seconda del tipo di latte utilizzato, delle lavorazioni e della stagionatura (i formaggi freschi sono più ricchi di acqua, che non ha ovviamente alcun rilievo sotto il profilo nutrizionale).
Si possono comunque delineare dei caratteri generali, validi per qualsiasi tipo di formaggio. Una delle caratteristiche salienti di questo alimento è quella di essere un concentrato di proteine.
Un formaggio stagionato può contenerne anche oltre il 40%: più della carne, del pesce o delle uova. Si tratta inoltre di proteine altamente pregiate, di quelle indispensabili allo sviluppo e alla crescita.
Anche il contenuto di grassi è in genere alto, in qualche caso eccede il 50% della sostanza secca (ma i formaggi di latte scremato si collocano molto al di sotto di questa soglia).
La Ricotta pura, che non è un formaggio, è inferiore al 10%, e per questo è uno degli alimenti prediletti nelle diete: peraltro ha un contenuto in zuccheri più elevato di quello dei formaggi, che ne hanno in bassissima percentuale se freschi e ne sono addirittura privi in caso di stagionatura anche breve. Per quanto riguarda le vitamine, il formaggio ne possiede (in quantità variabile) del tipo A, D, E e K.
È praticamente privo di vitamina C, che si trova in minime quantità solo nei formaggi di capra, mentre quelle del tipo B allignano, grazie all'azione di lieviti e penicilli, negli erborinati e nelle croste fiorite (una ragione in più per consumarle insieme alla pasta del formaggio).
Poverissimo di ferro (siamo passati ai sali minerali), il formaggio abbonda invece di calcio e fosforo, elementi primari per la buona salute delle ossa. Un cibo insomma di grande pregio dal punto di vista dietetico, considerato anche il fatto che alle significative qualità nutritive si deve aggiungere un'ottima digeribilità.


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Con quali vini è meglio accompagnare i formaggi?
 

Con quale vino accompagnarlo

Anche in questo caso è bene non schematizzare troppo l'abbinamento con il vino; quel che conta, infatti, è il proprio gusto personale. In ogni caso, ecco qualche criterio base per orientarsi.
Scegliete un bianco morbido per accompagnare formaggi delicati e leggeri, come crescenza, mascarpone, ricotta, robiola e mozzarella, sempre che non siano ingredienti di preparazioni più consistenti o abbinate a insaccati; un criterio valido questo anche per formaggi giovani di capra.
Orientatevi verso i rossi per le altre varietà.
Abbinate vini giovani e di corpo non troppo accentuato con taleggio, montasio, parmigiano, asiago, scamorza, formaggi di Valtellina freschi, di pecora freschi e di capra stagionati; vini di corpo invece sottolineano a dovere provolone, fontina, caciocavallo, ragusano, fiore sardo o prodotti preparati con latte di pecora e invecchiati.
Per formaggi molto stagionati o erborinati, come il gorgonzola, abbiamo due opportunità: vini liquorosi come Marsala o Passito di Pantelleria, oppure vini rossi importanti con un buon invecchiamento.


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Cosa si intende per stagionatura?
 

I tipi di stagionatura

Il formaggio nasce da una naturale trasformazione del latte: un processo di inacidimento, innescato da enzimi naturali o chimici, separa una parte liquida, il siero, da una addensata, il caglio. Quest'ultimo viene lavorato e posto a riposare per la maturazione, che può essere:

  • brevissima, di circa 15 giorni;

  • breve, al massimo 6 mesi (propria dei formaggi semistagionati)

  • lunga, superiore ai 6 mesi (tipica dei formaggi stagionati).


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Che caratteristiche ha il latte prodotto da animali diversi?
 

Caratteristiche dei  vari tipi di latte

La vacca - Il latte di mucca è da secoli il più utilizzato in Europa non solo per la fabbricazione del formaggio, ma anche come semplice bevanda, o come materia prima per derivati quali la panna, il burro, la ricotta e lo yogurt. Rispetto al latte degli altri animali ha l'indubbio vantaggio di essere disponibile in quantità maggiori e relativamente costanti lungo l'intero arco dell'anno. La vacca tuttavia, animale di grossa taglia con esigenze particolari in fatto di quantità e qualità dell'erba o dei foraggi con cui si alimenta, può essere allevata in genere soltanto laddove le condizioni ambientali permettano l'esistenza di pascoli abbondanti. Pertanto l'allevamento delle vacche da latte è più sviluppato nel Nord Italia, con conseguenze anche sulla produzione dei formaggi vaccini.

La pecora- La pecora è, a differenza della vacca, un animale la cui produzione lattiera tende ad avere un andamento stagionale, diminuendo o addirittura venendo meno nel periodo estivo. Il latte di pecora ha un sapore molto caratteristico e intenso, viene utilizzato soltanto per la produzione casearia. A causa delle sue minori necessità alimentari è più diffusa, per antichissima tradizione, nel centro-sud dell'Italia e nelle isole (in particolare in Sardegna), regioni povere di pascoli adatti alle mandrie vaccine. Proprio per questo motivo, e per la possibilità di utilizzarla anche per la produzione della lana, è stata certamente uno dei primi animali allevati dall'uomo.

La capra - Le capre sono attualmente presenti in Italia in quantità relativamente limitate, anche in conseguenza di precise scelte di politica agricola: nella prima metà del Novecento furono infatti condotte con successo delle campagne per scoraggiarne l'allevamento, allora ritenuto dannoso per il patrimonio agricolo e forestale, tanto che soltanto negli ultimi anni il loro numero ha ripreso ad aumentare. In realtà si tratta di un animale che può pascolare in terreni inadatti a qualsiasi altro tipo di sfruttamento, e che quindi, se gestito con raziocinio, non sottrae preziose risorse all'agricoltore, come ben sapevano gli allevatori del passato. Il latte di capra, assente nel periodo invernale, si consuma anche come bevanda, ma tende a essere impiegato soprattutto per la produzione di formaggi.

La bufala - La bufala (pur ricordando vagamente per aspetto e dimensioni una vacca non si tratta di un bovino, ma di una specie a sé stante) è un animale che ama l'acqua e permette di sfruttare come pascolo i terreni acquitrinosi, dai quali difficilmente una vacca, una capra o una pecora saprebbero trarre partito. Un tempo comune nelle aree paludose del centro e del sud Italia, in particolare nella Maremma e nell'Agro Pontino, dove la sua presenza è documentata a partire dall'Alto Medioevo, è oggi allevata, anche in seguito alle bonifiche che hanno intaccato i suoi ambienti naturali, in un numero abbastanza ridotto di esemplari, peraltro in fase di ripresa.

Il latte misto - Non è raro il caso di formaggi costituiti da miscele di latti provenienti da animali diversi. In molte produzioni dell'arco alpino l'usanza di mescolare un po' di latte di capra o di pecora a quello vaccino nasceva da motivi pratici: gli alpigiani erano infatti soliti aggregare alle vacche un piccolo gregge di capre o di pecore che permettevano di sfruttare l'erba dei terreni più impervi, dove i bovini non potevano inerpicarsi. Poiché il latte vaccino prima di procedere alla caseificazione veniva a volte scremato per produrre il burro, se ne reintegravano i grassi perduti mediante l'aggiunta di un po' di latte ovino e caprino, che contengono circa il 6% di lipidi in più. Ci si avvide poi che con questo sistema si ottengono formaggi più saporiti.

Le razze- In Italia esistono diverse razze di animali da latte selezionate da tempo immemorabile e quindi perfettamente adattate al loro habitat, come ad esempio la razza bovina Bruna Alpina, originaria delle Alpi occidentali, oppure la Podolica, allevata allo stato semibrado in diverse aree del sud. Limitandosi alle sole vacche l'elenco potrebbe essere tuttavia molto lungo, dalla Piemontese alla Valdostana alla Pezzata Rossa Friulana, dalla Rendena del Trentino alla Grigia Alpina dell'Alto Adige, fino alla Modicana dell'estremità meridionale della Sicilia. Per la loro maggiore produttività da decenni hanno tuttavia preso piede in tutta la penisola, a scapito di quelle locali, razze di origine straniera, prima fra tutte la vacca Frisona, il cui latte è però in genere meno adatto alla caseificazione rispetto a quello delle varietà autoctone, specie per quanto riguarda i formaggi pregiati. Attualmente circa l'80% dei bovini da latte allevati in Italia appartengono alla razza Frisona o a quella Bruna Alpina. Va sottolineato tuttavia che nemmeno nel caso dei formaggi a denominazione di origine i disciplinari vigenti specificano, se non a livello facoltativo, la razza di animali dai quali deve provenire il latte di base.

 


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Come si conserva il formaggio?
 

Come si conserva il formaggio

Con il termine conservazione intendiamo le cure necessarie per mantenere fino al consumo le caratteristiche acquisite dal formaggio.
Due sono i fattori da mantenere sotto controllo: la temperatura e l'umidità.
Nelle nostre case la scelta cade necessariamente sul frigorifero. Vogliamo ricordare che un frigorifero ben regolato mantiene la temperatura tra i 4° e i 6°C, non superando mai i 7°, temperatura alla quale i fenomeni di crescita batterica sono più rapidi di quello che il nostro organismo si merita.

Conservate i vostri formaggi in pellicola di alluminio e non in quella trasparente: se quest'ultima -come di solito avviene - contiene PVC, esiste un rischio, perché a contatto con i grassi del formaggio il PVC può rilasciare gli flatati, le sostanze che rendono elastica la plastica.

La conservazione nel frigo casalingo è un male necessario, perciò limitiamolo allo stretto necessario, evitando di tenervi il formaggio per lungo tempo. Non tiriamolo fuori immediatamente prima di mangiarlo, ma almeno una mezz'ora prima, togliendolo dalla pellicola protettiva perché deve ossigenarsi.

Inoltre è necessario procedere differentemente in base alla tipologia del formaggio che abbiamo comperato.

Formaggi freschi:
Il temine “fresco” ci porta ad un consumo immediato: mozzarelle, stracchini, robiole, alcuni caprini vanno conservati il meno possibile: le mozzarelle nel loro latticello o in acqua leggermente salata, gli altri avvolti in carte oleate alimentari.

Formaggi in genere:
Non possedendo grotte, cantine o dispense con il giusto grado di umidità ed aerazione, unici luoghi idonei per la conservazione… dobbiamo affidarci al frigorifero, ricordandoci che il formaggio non migliorerà mai ma verrà conservato al meglio se rispetteremo alcune piccole regole:

  • riporre il formaggio nella parte meno fredda del frigorifero;

  • avvolgere bene ogni fetta con carta oleata o stagnola;

  • grana e pecorini avvolgerli in un telo pulito (canapa o cotone) possibilmente senza odori di detersivo o ammorbidente (trasmissibili al formaggio);

  • controllare regolarmente lo stato del formaggio;


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Cosa è l'atmosfera modificata?
 

La tecnologia di confezionamento in atmosfere modificate o protettive (MAP) corrisponde al confezionamento di prodotti alimentari in un'atmosfera diversa da quella naturale e costituita da miscele di gas in differenti proporzioni: principalmente ossigeno, azoto e anidride carbonica (due gas inerti, comuni nell’atmosfera) ma, potenzialmente, anche argon, elio e protossido di azoto, tutti definiti dalla direttiva europea sugli additivi, già recepita anche in Italia.

Una norma CEE che riguarda l'etichettatura dei prodotti alimentari, ha recentemente introdotto il termine di atmosfera protettiva che deve essere obbligatoriamente utilizzato tra le indicazioni in etichetta quando la durata del prodotto è stata prolungata grazie a gas di imballaggio.

 

I gas introdotti al posto dell’atmosfera hanno lo scopo di allungare la vita degli alimenti intervenendo sul loro deterioramento:  rallentano la moltiplicazione di alcuni microrganismi e stabilizzano anche i componenti dell’alimento stesso (proteine, lipidi, pigmenti ed enzimi). Gli alimenti così conservati durano di più e si presentano, all’apertura, in modo migliore.


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Cosa significa "shelf life"?

E' il periodo di utilizzo in commercio del prodotto, ovvero il tempo utile tra la data di confezionamento e quella di scadenza. Esso è frutto di prove di laboratorio che vanno ad analizzare gli aspetti organolettici, chimici e batteriologici atte ad individuare il periodo temporale idoneo in cui il prodotto mantiene inalterate le proprie caratteristiche


 


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Che cosa è la "pastorizzazione"?
 

Il termine pastorizzazione deriva da Pasteur, che nel 1860 scoprì che riscaldando il vino a 60 gradi e mantenendo questa temperatura per alcuni minuti, poteva essere conservato a lungo.

Nella lavorazione del latte, la pastorizzazione è un processo di risanamento che consiste nel riscaldare il latte ad una temperatura inferiore al punto di ebollizione per un periodo di tempo che è in funzione della temperatura esterna e del contenuto microbico.
La pastorizzazione è quindi un trattamento di bonifica microbica che si prefigge:

  • distruzione di tutti i microrganismi patogeni presenti nel latte;

  • distruzione della flora microbica non sporigena. Vengono distrutti muffe, lieviti e soprattutto coliformi responsabili del gonfiore precoce del formaggio;

  • creazione di un substrato-latte in cui non esista una carica microbica antagonista a quella del fermento che verrà inoculata nel latte in caldaia;

  • precipitazione delle sieroproteine nella cagliata (interazione tra k-caseina e lattoalbumina);


La pastorizzazione non è in grado di devitalizzare i microrganismi termofili (quelli che si riproducono a temperature tra i 50 e i 60 gradi), nè le spore. Per questo motivi gli alimenti pastorizzati devono essere conservati in modo da limitare lo sviluppo di tali microrganismi: in genere la pastorizzazione è abbinata ad altri sistemi di conservazione come la refrigerazione, l'aggiunta di sostanze chimiche, il confezionamento sottovuoto.
La durata del trattamento e le temperature raggiunte dipendono dall'alimento. 
Si possono avere due tipi di pastorizzazione:

  1. pastorizzazione bassa: 60-65 gradi per 30 secondi, utilizzata per vino e birra, latte per produzione di formaggio;

  2. pastorizzazione alta: 75-85 gradi per 2 o 3 minuti, metodo utilizzato un tempo per il latte, ora sostituito dalla pastorizzazione rapida o HTST (High Temperature Short Time): 75-85 gradi per 15-20 secondi, condotta su alimenti liquidi che scorrono in uno strato sottile tra due pareti metalliche scaldate.


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Che cosa è lo "standard BRC"?
 

1.1 CHE COS'È

Lo Standard BRC (Technical Standard and Protocol for Companies Supplying Retailer Branded Food Products) costituisce un modello riconosciuto in Inghilterra e oggi in rapida diffusione nel resto dei paesi europei.
E’ nato nel 1998 per garantire che i prodotti a marchio siano ottenuti secondo standard qualitativi ben definiti e nel rispetto di requisiti minimi.
Può essere paragonato ad un capitolato che lega i fornitori qualificati all’azienda di distribuzione.
Esso infatti dettaglia per l’azienda produttrice dell’alimento le specifiche strutturali per:

· gli ambienti produttivi

· le specifiche di prodotto e di processo

· le norme comportamentali per il personale

 

Lo standard è stato sviluppato da:
- British Retail Consortium, che rappresenta i maggiori rivenditori britannici, 
- UKAS (United Kingdom Accreditation Service), organismo di accreditamento nazionale britannico, e da questo riconosciuto.  

1.2 PUNTI CHIAVE

Lo standard individua gli specifici elementi di un sistema di gestione focalizzato sulla qualità e sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti, che prende come riferimento per la pianificazione e implementazione la metodologia HACCP.  

1.3 I PRINCIPALI ELEMENTI SONO:

· adozione delle buone pratiche di riferimento

· adozione di un sistema HACCP

· adozione di un SISTEMA di GESTIONE PER LA QUALITÀ DOCUMENTATO

· controllo di standard per gli ambienti di lavoro, per il prodotto, per il processo e per il personale

· esistenza di appropriate specifiche per:

  • materie prime (compresi i materiali di confezionamento),

  • prodotto finito,

  • prodotti intermedi/semilavorati (dove richiesto),

  • monitoraggio dei fornitori,

  • posizionamento del sito,

  • l'accumulo, la raccolta e l'eliminazione del materiale di rifiuto,

  • standard igienici e di organizzazione per il personale,

  • controllo di processo.


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Che cosa è lo "standard IFS"?
 

1.1 CHE COS'È

Lo Standard IFS (International Food Standard) è il corrispettivo del BRC per i paesi dell’area centro-europea (Austria, Svizzera, Francia e Germania).
E’ stato sviluppato da un consorzio al quale aderiscono le realtà più rappresentative dei retailer del centro Europa, il BDH (Unione Federale delle Associazioni del Commercio tedesche).
Ha lo scopo di favorire l’efficace selezione dei fornitori food a marchio della GDO, sulla base della loro capacità di fornire prodotti sicuri, conformi alle specifiche contrattuali e ai requisiti di legge. 

1.2 PUNTI CHIAVE

Lo standard individua gli specifici elementi di un sistema di gestione focalizzato sulla qualità e sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti, che prende come riferimento per la pianificazione e implementazione la metodologia HACCP.  

1.3 I PRINCIPALI ELEMENTI SONO:

· adozione delle buone pratiche di riferimento 

· adozione di un sistema HACCP

· adozione di un SISTEMA DI GESTIONE PER LA QUALITÀ DOCUMENTATO

· controllo di standard per gli ambienti di lavoro, per il prodotto, per il processo e per il personale

· esistenza di appropriate specifiche per:

  • materie prime (compresi i materiali di confezionamento),

  • prodotto finito,

  • prodotti intermedi/semilavorati (dove richiesto),

  • monitoraggio dei fornitori,

  • posizionamento del sito,

  • l'accumulo, la raccolta e l'eliminazione del materiale di rifiuto,

  • standard igienici e di organizzazione per il personale,

  • controllo di processo



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Che cosa è lo "UNI EN ISO 9001:2000"?

 

La nuova Norma ISO 9001:2000 sostituisce le precedenti ISO 9001, 9002 e 9003:1994. La Norma specifica i requisiti che un sistema di gestione per la qualità deve possedere per costituire dimostrazione della capacità di un'Organizzazione di fornire prodotti conformi ai requisiti dei clienti ed alle prescrizioni regolamentari applicabili ed è finalizzata ad accrescere la soddisfazione del cliente.
 

Per saperne di più, vedi Politica Sociale.
 

 


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Che cosa è la "SA 8000"?

La sigla SA 8000 (tecnicamente SA8000:2001; SA sta per Social Accountability) identifica uno standard internazionale di certificazione redatto dal CEPAA (Council of Economical Priorities Accreditation Agency) e volto a certificare alcuni aspetti della gestione aziendale attinenti alla responsabilità sociale d'impresa (CSR - corporate social responsibility, in inglese). Questi sono:

  • il rispetto dei diritti umani,

  • il rispetto dei diritti dei lavoratori,

  • la tutela contro lo sfruttamento dei minori,

  • le garanzie di sicurezza e salubrità sul posto di lavoro

La norma internazionale ha quindi lo scopo di migliorare le condizioni lavorative a livello mondiale e soprattutto permette di definire uno standard verificabile da Enti di Certificazione.

La norma nasce come aggregazione formata dai principi stabiliti da altri documenti internazionali quali:

  • Convenzioni ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro);

  • Dichiarazione Universale dei Diritti Umani;

  • Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia;

  • Convenzione delle Nazioni Unite per eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne;

La norma SA8000, rispetto alle tipiche normative ISO con le quali ha in comune la struttura formale, è un riferimento che per sua natura coinvolge tutta l'Azienda. Il suo impatto e la profondità alla quale si spinge, rispetto altre norme "formali", richiede attenzione e partecipazione da parte della Direzione, del top management, dei Dipendenti, dei Fornitori, dei Fornitori dei fornitori (subfornitori) e non ultimi, i Clienti.

A titolo esemplificativo, la norma viene verificata con interviste casuali direttamente nei confronti di dipendenti, ad esempio per svelare casi di "mobbing" impossibili da dimostrare mantenendo la verifica a livelli manageriali. Altro esempio può essere l'applicazione nei confronti di subfornitori, tipicamente nel caso di utilizzo di lavoratori irregolari o mal retribuiti normalmente non sono mai direttamente a contatto con l'Azienda certificata (un caso eclatante è stato quello dei "palloni della Nike").

Tipicamente, la formalizzazione dell'impegno sulla SA8000 può essere espresso in vari modi. Molte aziende, in Italia, hanno adottato questa certificazione, infatti l'Italia è il primo paese al mondo per numero di imprese certificate.

I temi di dettaglio sponsorizzati dalla SA8000 sono tipicamente:

  • promuovere la salute e sicurezza dell’ambiente di lavoro, in ottica di integrazione con la OHSAS_ISO18001

  • concedere la libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva

  • contrastare il lavoro minorile, il lavoro forzato, le discriminazioni e le pratiche disciplinari non previste dall’art.7 dello Statuto dei Lavoratori

  • far rispettare i tempi e l'orario di lavoro e i criteri retributivi



Per saperne di più, vedi certificazione qualità

 

 

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Che cosa è lo "UNI EN ISO 14001"?

La sigla ISO 14000 identifica una serie di standard internazionali relativi alla gestione ambientale delle organizzazioni.

La sigla "ISO 14001" identifica uno di questi standard, che fissa i requisiti di un "sistema di gestione ambientale" di una qualsiasi organizzazione. Lo standard ISO 14001 (tradotto in italiano nella UNI EN ISO 14001:2004) è uno standard certificabile, ovvero è possibile ottenere, da un organismo di certificazione accreditato che operi entro determinate regole, attestazioni di conformità ai requisiti in essa contenuti. Certificarsi secondo la ISO 14001 non è obbligatorio, ma è frutto della scelta volontaria dell'azienda/organizzazione che decide di stabilire/attuare/mantenere attivo/migliorare un proprio sistema di gestione ambientale. È inoltre importante notare come la certificazione ISO 14001 non attesti una particolare prestazione ambientale, né tantomeno dimostri un particolarmente basso impatto, ma piuttosto stia a dimostrare che l'organizzazione certificata ha un sistema di gestione adeguato a tenere sotto controllo gli impatti ambientali delle proprie attività, e ne ricerchi sistematicamente il miglioramento in modo coerente, efficace e soprattutto sostenibile.

 

 

 

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Che cosa è l' "Energia 100% Verde"?

Il sistema "100% energia verde" riconosce come "energia verde" l'energia rinnovabile che soddisfa anche criteri di sostenibilità.

Il Marchio 100% energia verde è il primo marchio italiano che certifica l'energia prodotta da fonti rinnovabili "sostenibili", ed è destinato a produttori, consumatori finali, grossisti e traders. Il marchio, di valenza internazionale, attesta l'idonea provenienza dell'energia, qualifica i produttori e gli utilizzatori di "energia verde" per il loro impegno a favore dell'ambiente ed ha lo scopo di creare un sistema volontario di mercato per incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili.

 

 

 

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