DOP: Denominazione
di Origine Protetta
Questa denominazione
viene attribuita per
identificare un
prodotto la cui
produzione,
trasformazione ed
elaborazione hanno
luogo in un'area
geografica ben
delimitata, in base
ad un'esperienza
riconosciuta e
constatata e secondo
un determinato
processo produttivo
(disciplinare di
produzione).
La qualità e le
caratteristiche sono
quindi dovute
principalmente
all'ambiente
geografico inteso
come fattori
naturali e
esperienza umana
maturata nel tempo.
La DOP può essere
assimilata ad una
denominazione DOC
italiana o AOC
francese che però
godevano di tutela
solo nel loro
territorio
nazionale.
Questa dicitura non
fa riferimento a
un'origine, ma ha
per oggetto la
valorizzazione di
una composizione o
di un metodo di
produzione
tradizionale. Un
prodotto STG può
quindi essere
realizzato in
qualsiasi Nazione
della Unione
Europea, purchè nel
rispetto del
disciplinare di
produzione relativo.
Questi prodotti sono
contraddistinti dal
logo riportato
sull'etichetta.
CENNI
STORICI
L'attitudine alla “filatura”
il caratteristico processo
che consente di ottenere i
formaggi a pasta filata,
tipici del Meridione
d'Italia, è posseduta sia
dal latte di bufala che da
quello di vacca. I due
animali sono stati allevati
con successo fin dai tempi
remoti selezionando per
ognuno di essi l'ambiente
più idoneo: collinare ed
asciutto con foraggi
migliori per la vacca,
pianeggiante ed acquitrinoso
con foraggi grossolani per
la bufala. La parola
“Mozzarella” deriva dal
termine “mozzare”,
operazione questa praticata
a mano nella fase finale
della lavorazione dei
formaggi a pasta filata. La
denominazione “mozzarella”
senza alcuna specificazione,
era impiegata per i formaggi
a pasta filata che si
ottenevano impiegando la
tecnica tradizionale di
filatura utilizzando latte
di vacca, latte di bufala o
miscele di questi.
DESCRIZIONE DEL PRODOTTO
La mozzarella di tipologia
tradizionale è un formaggio
a pasta filata, molle, a
fermentazione lattica. La
forma può essere sferoidale,
con peso da 20 a 250 g,
eventualmente con testina, o
a treccia, con peso fra i
125 e i 250 g. Si presenta
con crosta assente, presenza
di pelle a consistenza
tenera; superficie liscia e
lucente, omogenea, di colore
bianco latte, pasta di
struttura tipicamente
fibrosa a foglie
sovrapposte, che rilascia al
taglio e per leggera
compressione liquido
lattiginoso; occhiature
assenti; colore bianco
latte, omogeneo, esente da
chiazze e striature.
Consistenza, morbida e
leggermente elastica. Sapore
caratteristico, sapido,
fresco, delicatamente
acidulo. Odore
caratteristico, fragrante,
delicato, di latte
lievemente acidulo. Il
grasso sulla sostanza secca
deve essere al minimo pari
al 44% (m/m); umidità per la
forma sferoidale 58-66%
(m/m), e per la forma a
treccia 56.62 % (m/m); pH
della pasta 5.1-5.5.
Il prodotto va conservato ad
una temperatura compresa fra
0° C e +4 °C.
Deve essere confezionato in
involucro protettivo e
commercializzato in contatto
con un liquido di governo,
costituito da acqua con
eventuale aggiunta di sale,
a contatto diretto se
l'involucro è ermetico, per
diffusione se l'involucro è
forato o permeabile.
Elementi di tipicità di
questo formaggio sono
soprattutto costituiti dalla
materia prima impiegata, il
latte fresco di bovina,
dall'impiego del caglio
bovino liquido, dal
lattoinnesto naturale e
dalla filatura, operazione
consistente nel lavorare la
pasta del formaggio a fine
maturazione, previa aggiunta
di acqua bollente, in modo
da ottenere la particolare
consistenza del prodotto
finale e il “bouquet”
determinato dalla microflora
tipica di questo formaggio.
AREA DI
PRODUZIONE
La mozzarella STG può essere
prodotta nell'intero
territorio della Unione
Europea. I produttori
interessati, ricadenti
nell'intero territorio della
Unione Europea, la possono
produrre adottando il
disciplinare di produzione
registrato ai sensi del Reg.
CEE 2082/92 che tutela gli
alimenti che, realizzati
secondo le ricette
tradizionali di uno Stato
membro, possono essere
prodotti in tutta la Unione
Europea. La produzione
italiana nel 1999 è stata
stimata intorno alle 250.000
tonnellate delle quali oltre
24.000 sono state esportate.
REGISTRAZIONE
La “Mozzarella (STG)”,
Specialità Tradizionale
Garantita, è stata
registrata con Reg. CE
2527/98.
Attualmente è l'unica
attestazione di specificità
italiana registrata, ai
sensi del Reg. CEE 2082/92.
ORGANISMI DI CONTROLLO-
Agroqualità
Anche in questo caso
i prodotti sono
collegati alla
regione di cui, in
genere, portano il
nome. Questo legame,
però, è meno stretto
o comunque diverso
rispetto a quello
visto per alla
denominazione
d'origine.
Le due condizioni
necessarie per poter
acquisire la IGP
sono:
una delle fasi
di produzione
deve essere
effettuata nella
zone delimitata:
ma, per esempio,
le materie prime
che intervengono
nella produzione
possono anche
provenire da
un'altra
regione.
deve esistere un
collegamento tra
il prodotto e la
regione da cui
prende il nome.
Questo legame,
però, può essere
molto più blando
di quanto
avviene per la
certificazione
dop.
La denominazione IGP,
che, evidentemente,
ha un valore molto
diverso dalla dop,
nasce dalla
convinzione che
un'indicazione
geografica può
essere protetta
anche se non è
dimostrato che le
caratteristiche
specifiche del
prodotto siano
dovute alla sua
regione di
provenienza. I
legislatori,
infatti, ritengono
che questo possa
essere un elemento
essenziale e per
l'acquisizione o la
conservazione di una
clientela.
Ecco allora una
discriminante utile
per i consumatori:
la dop è un
indicazione legata
totalmente alla
regione di
produzione, l'igp si
riferisce a
produzioni
caratteristiche di
un luogo ma le cui
materie prime
possono avere
provenienze diverse.
Il latte è
l'alimento che i
mammiferi destinano
all'alimentazione
dei loro piccoli nei
primi mesi di vita:
non c'è dubbio
dunque che si tratti
di una sostanza
ricca dal punto di
vista nutrizionale.
La lavorazione del
formaggio incide
relativamente poco
su queste qualità
positive: anzi,
portando
all'eliminazione di
buona parte
dell'acqua concentra
rende più
assimilabile il
"residuo solido"
costituito da
grassi, proteine,
vitamine e sali
minerali.
Non è possibile
esprimere valori
nutritivi assoluti
per il formaggio,
data la loro
variabilità a
seconda del tipo di
latte utilizzato,
delle lavorazioni e
della stagionatura
(i formaggi freschi
sono più ricchi di
acqua, che non ha
ovviamente alcun
rilievo sotto il
profilo
nutrizionale).
Si possono comunque
delineare dei
caratteri generali,
validi per qualsiasi
tipo di formaggio.
Una delle
caratteristiche
salienti di questo
alimento è quella di
essere un
concentrato di
proteine.
Un formaggio
stagionato può
contenerne anche
oltre il 40%: più
della carne, del
pesce o delle uova.
Si tratta inoltre di
proteine altamente
pregiate, di quelle
indispensabili allo
sviluppo e alla
crescita.
Anche il contenuto
di grassi è in
genere alto, in
qualche caso eccede
il 50% della
sostanza secca (ma i
formaggi di latte
scremato si
collocano molto al
di sotto di questa
soglia).
La Ricotta pura, che
non è un formaggio,
è inferiore al 10%,
e per questo è uno
degli alimenti
prediletti nelle
diete: peraltro ha
un contenuto in
zuccheri più elevato
di quello dei
formaggi, che ne
hanno in bassissima
percentuale se
freschi e ne sono
addirittura privi in
caso di stagionatura
anche breve. Per
quanto riguarda le
vitamine, il
formaggio ne
possiede (in
quantità variabile)
del tipo A, D, E e
K.
È praticamente privo
di vitamina C, che
si trova in minime
quantità solo nei
formaggi di capra,
mentre quelle del
tipo B allignano,
grazie all'azione di
lieviti e penicilli,
negli erborinati e
nelle croste fiorite
(una ragione in più
per consumarle
insieme alla pasta
del formaggio).
Poverissimo di ferro
(siamo passati ai
sali minerali), il
formaggio abbonda
invece di calcio e
fosforo, elementi
primari per la buona
salute delle ossa.
Un cibo insomma di
grande pregio dal
punto di vista
dietetico,
considerato anche il
fatto che alle
significative
qualità nutritive si
deve aggiungere
un'ottima
digeribilità.
Anche in questo caso
è bene non
schematizzare troppo
l'abbinamento con il
vino; quel che
conta, infatti, è il
proprio gusto
personale. In ogni
caso, ecco qualche
criterio base per
orientarsi.
Scegliete un bianco
morbido per
accompagnare
formaggi delicati e
leggeri, come
crescenza,
mascarpone, ricotta,
robiola e
mozzarella, sempre
che non siano
ingredienti di
preparazioni più
consistenti o
abbinate a
insaccati; un
criterio valido
questo anche per
formaggi giovani di
capra.
Orientatevi verso i
rossi per le altre
varietà.
Abbinate vini
giovani e di corpo
non troppo
accentuato con
taleggio, montasio,
parmigiano, asiago,
scamorza, formaggi
di Valtellina
freschi, di pecora
freschi e di capra
stagionati; vini di
corpo invece
sottolineano a
dovere provolone,
fontina,
caciocavallo,
ragusano, fiore
sardo o prodotti
preparati con latte
di pecora e
invecchiati.
Per formaggi molto
stagionati o
erborinati, come il
gorgonzola, abbiamo
due opportunità:
vini liquorosi come
Marsala o Passito di
Pantelleria, oppure
vini rossi
importanti con un
buon invecchiamento.
Il formaggio nasce
da una naturale
trasformazione del
latte: un processo
di inacidimento,
innescato da enzimi
naturali o chimici,
separa una parte
liquida, il siero,
da una addensata, il
caglio. Quest'ultimo
viene lavorato e
posto a riposare per
la maturazione, che
può essere:
brevissima, di
circa 15 giorni;
breve, al
massimo 6 mesi
(propria dei
formaggi
semistagionati)
lunga, superiore
ai 6 mesi
(tipica dei
formaggi
stagionati).
Che caratteristiche ha il
latte prodotto da animali
diversi?
Caratteristiche dei
vari tipi di latte
La vacca
- Il latte di mucca
è da secoli il più
utilizzato in Europa
non solo per la
fabbricazione del
formaggio, ma anche
come semplice
bevanda, o come
materia prima per
derivati quali la
panna, il burro, la
ricotta e lo yogurt.
Rispetto al latte
degli altri animali
ha l'indubbio
vantaggio di essere
disponibile in
quantità maggiori e
relativamente
costanti lungo
l'intero arco
dell'anno. La vacca
tuttavia, animale di
grossa taglia con
esigenze particolari
in fatto di quantità
e qualità dell'erba
o dei foraggi con
cui si alimenta, può
essere allevata in
genere soltanto
laddove le
condizioni
ambientali
permettano
l'esistenza di
pascoli abbondanti.
Pertanto
l'allevamento delle
vacche da latte è
più sviluppato nel
Nord Italia, con
conseguenze anche
sulla produzione dei
formaggi vaccini.
La pecora-
La pecora è, a
differenza della
vacca, un animale la
cui produzione
lattiera tende ad
avere un andamento
stagionale,
diminuendo o
addirittura venendo
meno nel periodo
estivo. Il latte di
pecora ha un sapore
molto caratteristico
e intenso, viene
utilizzato soltanto
per la produzione
casearia. A causa
delle sue minori
necessità alimentari
è più diffusa, per
antichissima
tradizione, nel
centro-sud
dell'Italia e nelle
isole (in
particolare in
Sardegna), regioni
povere di pascoli
adatti alle mandrie
vaccine. Proprio per
questo motivo, e per
la possibilità di
utilizzarla anche
per la produzione
della lana, è stata
certamente uno dei
primi animali
allevati dall'uomo.
La capra
- Le capre sono
attualmente presenti
in Italia in
quantità
relativamente
limitate, anche in
conseguenza di
precise scelte di
politica agricola:
nella prima metà del
Novecento furono
infatti condotte con
successo delle
campagne per
scoraggiarne
l'allevamento,
allora ritenuto
dannoso per il
patrimonio agricolo
e forestale, tanto
che soltanto negli
ultimi anni il loro
numero ha ripreso ad
aumentare. In realtà
si tratta di un
animale che può
pascolare in terreni
inadatti a qualsiasi
altro tipo di
sfruttamento, e che
quindi, se gestito
con raziocinio, non
sottrae preziose
risorse
all'agricoltore,
come ben sapevano
gli allevatori del
passato. Il latte di
capra, assente nel
periodo invernale,
si consuma anche
come bevanda, ma
tende a essere
impiegato
soprattutto per la
produzione di
formaggi.
La bufala
- La bufala (pur
ricordando vagamente
per aspetto e
dimensioni una vacca
non si tratta di un
bovino, ma di una
specie a sé stante)
è un animale che ama
l'acqua e permette
di sfruttare come
pascolo i terreni
acquitrinosi, dai
quali difficilmente
una vacca, una capra
o una pecora
saprebbero trarre
partito. Un tempo
comune nelle aree
paludose del centro
e del sud Italia, in
particolare nella
Maremma e nell'Agro
Pontino, dove la sua
presenza è
documentata a
partire dall'Alto
Medioevo, è oggi
allevata, anche in
seguito alle
bonifiche che hanno
intaccato i suoi
ambienti naturali,
in un numero
abbastanza ridotto
di esemplari,
peraltro in fase di
ripresa.
Il latte
misto - Non
è raro il caso di
formaggi costituiti
da miscele di latti
provenienti da
animali diversi. In
molte produzioni
dell'arco alpino
l'usanza di
mescolare un po' di
latte di capra o di
pecora a quello
vaccino nasceva da
motivi pratici: gli
alpigiani erano
infatti soliti
aggregare alle
vacche un piccolo
gregge di capre o di
pecore che
permettevano di
sfruttare l'erba dei
terreni più impervi,
dove i bovini non
potevano
inerpicarsi. Poiché
il latte vaccino
prima di procedere
alla caseificazione
veniva a volte
scremato per
produrre il burro,
se ne reintegravano
i grassi perduti
mediante l'aggiunta
di un po' di latte
ovino e caprino, che
contengono circa il
6% di lipidi in più.
Ci si avvide poi che
con questo sistema
si ottengono
formaggi più
saporiti.
Le razze-
In Italia esistono
diverse razze di
animali da latte
selezionate da tempo
immemorabile e
quindi perfettamente
adattate al loro
habitat, come ad
esempio la razza
bovina Bruna Alpina,
originaria delle
Alpi occidentali,
oppure la Podolica,
allevata allo stato
semibrado in diverse
aree del sud.
Limitandosi alle
sole vacche l'elenco
potrebbe essere
tuttavia molto
lungo, dalla
Piemontese alla
Valdostana alla
Pezzata Rossa
Friulana, dalla
Rendena del Trentino
alla Grigia Alpina
dell'Alto Adige,
fino alla Modicana
dell'estremità
meridionale della
Sicilia. Per la loro
maggiore
produttività da
decenni hanno
tuttavia preso piede
in tutta la
penisola, a scapito
di quelle locali,
razze di origine
straniera, prima fra
tutte la vacca
Frisona, il cui
latte è però in
genere meno adatto
alla caseificazione
rispetto a quello
delle varietà
autoctone, specie
per quanto riguarda
i formaggi pregiati.
Attualmente circa
l'80% dei bovini da
latte allevati in
Italia appartengono
alla razza Frisona o
a quella Bruna
Alpina. Va
sottolineato
tuttavia che nemmeno
nel caso dei
formaggi a
denominazione di
origine i
disciplinari vigenti
specificano, se non
a livello
facoltativo, la
razza di animali dai
quali deve provenire
il latte di base.
Con il termine
conservazione
intendiamo le cure
necessarie per
mantenere fino al
consumo le
caratteristiche
acquisite dal
formaggio.
Due sono i fattori
da mantenere sotto
controllo: la
temperatura e
l'umidità.
Nelle nostre case la
scelta cade
necessariamente sul
frigorifero.
Vogliamo ricordare
che un frigorifero
ben regolato
mantiene la
temperatura tra i 4°
e i 6°C, non
superando mai i 7°,
temperatura alla
quale i fenomeni di
crescita batterica
sono più rapidi di
quello che il nostro
organismo si merita.
Conservate i vostri
formaggi in
pellicola di
alluminio e non in
quella trasparente:
se quest'ultima
-come di solito
avviene - contiene
PVC, esiste un
rischio, perché a
contatto con i
grassi del formaggio
il PVC può
rilasciare gli
flatati, le sostanze
che rendono elastica
la plastica.
La conservazione nel
frigo casalingo è un
male necessario,
perciò limitiamolo
allo stretto
necessario, evitando
di tenervi il
formaggio per lungo
tempo. Non tiriamolo
fuori immediatamente
prima di mangiarlo,
ma almeno una
mezz'ora prima,
togliendolo dalla
pellicola protettiva
perché deve
ossigenarsi.
Inoltre è necessario
procedere
differentemente in
base alla tipologia
del formaggio che
abbiamo comperato.
Formaggi freschi:
Il temine “fresco”
ci porta ad un
consumo immediato:
mozzarelle,
stracchini, robiole,
alcuni caprini vanno
conservati il meno
possibile: le
mozzarelle nel loro
latticello o in
acqua leggermente
salata, gli altri
avvolti in carte
oleate alimentari.
Formaggi in genere:
Non possedendo
grotte, cantine o
dispense con il
giusto grado di
umidità ed
aerazione, unici
luoghi idonei per la
conservazione…
dobbiamo affidarci
al frigorifero,
ricordandoci che il
formaggio non
migliorerà mai ma
verrà conservato al
meglio se
rispetteremo alcune
piccole regole:
riporre il
formaggio nella
parte meno
fredda del
frigorifero;
avvolgere bene
ogni fetta con
carta oleata o
stagnola;
grana e pecorini
avvolgerli in un
telo pulito
(canapa o
cotone)
possibilmente
senza odori di
detersivo o
ammorbidente
(trasmissibili
al formaggio);
La tecnologia di
confezionamento in
atmosfere modificate
o protettive (MAP)
corrisponde al
confezionamento di
prodotti alimentari
in un'atmosfera
diversa da quella
naturale e
costituita da
miscele di gas in
differenti
proporzioni:
principalmente
ossigeno, azoto e
anidride carbonica
(due gas inerti,
comuni
nell’atmosfera) ma,
potenzialmente,
anche argon, elio e
protossido di azoto,
tutti definiti dalla
direttiva europea
sugli additivi, già
recepita anche in
Italia.
Una norma CEE
che riguarda
l'etichettatura dei
prodotti alimentari,
ha recentemente
introdotto il
termine di
atmosfera protettiva
che deve essere
obbligatoriamente
utilizzato tra le
indicazioni in
etichetta quando la
durata del prodotto
è stata prolungata
grazie a gas di
imballaggio.
I
gas introdotti al
posto dell’atmosfera
hanno lo scopo di
allungare la vita
degli alimenti
intervenendo sul
loro
deterioramento:
rallentano la
moltiplicazione di
alcuni microrganismi
e stabilizzano anche
i componenti
dell’alimento stesso
(proteine, lipidi,
pigmenti ed enzimi).
Gli alimenti così
conservati durano di
più e si presentano,
all’apertura, in
modo migliore.
E' il
periodo di utilizzo in
commercio del prodotto,
ovvero il tempo utile tra la
data di confezionamento e
quella di scadenza. Esso è
frutto di prove di
laboratorio che vanno ad
analizzare gli aspetti
organolettici, chimici e
batteriologici atte ad
individuare il periodo
temporale idoneo in cui il
prodotto mantiene inalterate
le proprie caratteristiche
Il
termine pastorizzazione
deriva da Pasteur, che nel
1860 scoprì che riscaldando
il vino a 60 gradi e
mantenendo questa
temperatura per alcuni
minuti, poteva essere
conservato a lungo.
Nella lavorazione del latte,
la pastorizzazione è un
processo di risanamento che
consiste nel riscaldare il
latte ad una temperatura
inferiore al punto di
ebollizione per un periodo
di tempo che è in funzione
della temperatura esterna e
del contenuto microbico.
La pastorizzazione è quindi
un trattamento di bonifica
microbica che si prefigge:
distruzione di tutti i
microrganismi patogeni
presenti nel latte;
distruzione della flora
microbica non sporigena.
Vengono distrutti muffe,
lieviti e soprattutto
coliformi responsabili
del gonfiore precoce del
formaggio;
creazione di un
substrato-latte in cui
non esista una carica
microbica antagonista a
quella del fermento che
verrà inoculata nel
latte in caldaia;
precipitazione delle
sieroproteine nella
cagliata (interazione
tra k-caseina e
lattoalbumina);
La pastorizzazione non è in
grado di devitalizzare i
microrganismi termofili
(quelli che si riproducono a
temperature tra i 50 e i 60
gradi), nè le spore. Per
questo motivi gli alimenti
pastorizzati devono essere
conservati in modo da
limitare lo sviluppo di tali
microrganismi: in genere la
pastorizzazione è abbinata
ad altri sistemi di
conservazione come la
refrigerazione, l'aggiunta
di sostanze chimiche, il
confezionamento sottovuoto.
La durata del trattamento e
le temperature raggiunte
dipendono dall'alimento.
Si possono avere due tipi di
pastorizzazione:
pastorizzazione bassa:
60-65 gradi per 30
secondi, utilizzata per
vino e birra, latte per
produzione di formaggio;
pastorizzazione alta:
75-85 gradi per 2 o 3
minuti, metodo
utilizzato un tempo per
il latte, ora sostituito
dalla pastorizzazione
rapida o HTST (High
Temperature Short Time):
75-85 gradi per 15-20
secondi, condotta su
alimenti liquidi che
scorrono in uno strato
sottile tra due pareti
metalliche scaldate.
Lo
Standard BRC (Technical
Standard and Protocol for
Companies Supplying Retailer
Branded Food Products)
costituisce un
modello riconosciuto in
Inghilterra e
oggi in rapida diffusione
nel resto dei paesi europei.
E’ nato nel 1998 per
garantire che i prodotti a
marchio siano ottenuti
secondo standard qualitativi
ben definiti e nel rispetto
di requisiti minimi.
Può essere paragonato ad un
capitolato che lega i
fornitori qualificati
all’azienda di
distribuzione.
Esso infatti dettaglia per
l’azienda produttrice
dell’alimento le specifiche
strutturali per:
·
gli ambienti produttivi
· le
specifiche di prodotto e di
processo
·
le norme comportamentali per
il personale
Lo
standard è stato sviluppato
da:
- British Retail Consortium,
che rappresenta i maggiori
rivenditori britannici,
- UKAS (United Kingdom
Accreditation Service),
organismo di accreditamento
nazionale britannico, e da
questo riconosciuto.
1.2 PUNTI
CHIAVE
Lo
standard individua gli
specifici elementi di un
sistema di
gestione
focalizzato sulla qualità e sicurezza
igienico-sanitaria dei
prodotti, che
prende come riferimento per
la pianificazione e
implementazione la metodologia HACCP.
1.3 I
PRINCIPALI ELEMENTI SONO:
· adozione delle buone
pratiche di riferimento
·
adozione di un sistema
HACCP
·
adozione di un
SISTEMA di GESTIONE PER LA
QUALITÀ DOCUMENTATO
· controllo di standard per
gli ambienti di lavoro, per
il prodotto, per il processo
e per il personale
·
esistenza di appropriate
specifiche per:
materie prime (compresi
i materiali di
confezionamento),
prodotto finito,
prodotti
intermedi/semilavorati
(dove richiesto),
monitoraggio dei
fornitori,
posizionamento del sito,
l'accumulo, la raccolta
e l'eliminazione del
materiale di rifiuto,
standard igienici e di
organizzazione per il
personale,
Lo
Standard IFS (International
Food Standard) è il
corrispettivo del BRC per i
paesi dell’area
centro-europea (Austria,
Svizzera, Francia e Germania).
E’ stato sviluppato da un
consorzio al quale
aderiscono le realtà più
rappresentative dei retailer
del centro Europa, il BDH
(Unione Federale delle
Associazioni del Commercio
tedesche).
Ha lo scopo di favorire
l’efficace selezione dei
fornitori food a marchio
della GDO, sulla base della
loro capacità di fornire
prodotti sicuri, conformi
alle specifiche contrattuali
e ai requisiti di legge.
1.2 PUNTI
CHIAVE
Lo
standard individua gli
specifici elementi di un
sistema di gestione
focalizzato sulla qualità e
sicurezza igienico-sanitaria
dei prodotti, che prende
come riferimento per la
pianificazione e
implementazione la
metodologia HACCP.
1.3 I
PRINCIPALI ELEMENTI SONO:
·
adozione delle buone
pratiche di riferimento
·
adozione di un sistema
HACCP
·
adozione di un
SISTEMA DI GESTIONE PER LA
QUALITÀ DOCUMENTATO
·
controllo di standard per
gli ambienti di lavoro, per
il prodotto, per il processo
e per il personale
·
esistenza di appropriate
specifiche per:
materie prime (compresi
i materiali di
confezionamento),
prodotto finito,
prodotti
intermedi/semilavorati
(dove richiesto),
monitoraggio dei
fornitori,
posizionamento del sito,
l'accumulo, la raccolta
e l'eliminazione del
materiale di rifiuto,
standard igienici e di
organizzazione per il
personale,
La
nuova Norma ISO
9001:2000 sostituisce le
precedenti ISO 9001,
9002 e 9003:1994. La
Norma specifica i
requisiti che un sistema
di gestione per la
qualità deve possedere
per costituire
dimostrazione della
capacità di
un'Organizzazione di
fornire prodotti
conformi ai requisiti
dei clienti ed alle
prescrizioni
regolamentari
applicabili ed è
finalizzata ad
accrescere la
soddisfazione del
cliente.
La sigla
SA 8000
(tecnicamente
SA8000:2001; SA sta
per Social Accountability)
identifica uno standard
internazionale di
certificazione redatto dal
CEPAA (Council of Economical
Priorities Accreditation
Agency) e volto a
certificare alcuni aspetti
della gestione aziendale
attinenti alla
responsabilità sociale
d'impresa (CSR - corporate
social responsibility, in
inglese). Questi sono:
il
rispetto dei diritti
umani,
il
rispetto dei diritti dei
lavoratori,
la
tutela contro lo
sfruttamento dei minori,
le
garanzie di sicurezza e
salubrità sul posto di
lavoro
La norma
internazionale ha quindi lo
scopo di migliorare le
condizioni lavorative a
livello mondiale e
soprattutto permette di
definire uno standard
verificabile da Enti di
Certificazione.
La norma
nasce come aggregazione
formata dai principi
stabiliti da altri documenti
internazionali quali:
Convenzioni ILO
(Organizzazione
Internazionale del
Lavoro);
Dichiarazione Universale
dei Diritti Umani;
Convenzione
Internazionale sui
Diritti dell'Infanzia;
Convenzione delle
Nazioni Unite per
eliminare tutte le forme
di discriminazione
contro le donne;
La norma
SA8000, rispetto alle
tipiche normative ISO con le
quali ha in comune la
struttura formale, è un
riferimento che per sua
natura coinvolge tutta
l'Azienda. Il suo impatto e
la profondità alla quale si
spinge, rispetto altre norme
"formali", richiede
attenzione e partecipazione
da parte della Direzione,
del top management, dei
Dipendenti, dei Fornitori,
dei Fornitori dei fornitori
(subfornitori) e non ultimi,
i Clienti.
A titolo
esemplificativo, la norma
viene verificata con
interviste casuali
direttamente nei confronti
di dipendenti, ad esempio
per svelare casi di
"mobbing" impossibili da
dimostrare mantenendo la
verifica a livelli
manageriali. Altro esempio
può essere l'applicazione
nei confronti di
subfornitori, tipicamente
nel caso di utilizzo di
lavoratori irregolari o mal
retribuiti normalmente non
sono mai direttamente a
contatto con l'Azienda
certificata (un caso
eclatante è stato quello dei
"palloni della Nike").
Tipicamente, la
formalizzazione dell'impegno
sulla SA8000 può essere
espresso in vari modi. Molte
aziende, in Italia, hanno
adottato questa
certificazione, infatti
l'Italia è il primo paese al
mondo per numero di imprese
certificate.
I temi di
dettaglio sponsorizzati
dalla SA8000 sono
tipicamente:
promuovere la salute e
sicurezza dell’ambiente
di lavoro, in ottica di
integrazione con la
OHSAS_ISO18001
concedere la libertà di
associazione e diritto
alla contrattazione
collettiva
contrastare il lavoro
minorile, il lavoro
forzato, le
discriminazioni e le
pratiche disciplinari
non previste dall’art.7
dello Statuto dei
Lavoratori
far
rispettare i tempi e
l'orario di lavoro e i
criteri retributivi
La sigla
ISO 14000
identifica una serie di
standard
internazionali
relativi alla
gestione ambientale
delle organizzazioni.
La sigla
"ISO 14001" identifica uno
di questi standard, che
fissa i requisiti di un
"sistema di gestione
ambientale" di una qualsiasi
organizzazione. Lo standard
ISO 14001 (tradotto in
italiano nella UNI EN ISO
14001:2004) è uno standard
certificabile, ovvero è
possibile ottenere, da un
organismo di certificazione
accreditato che operi entro
determinate regole,
attestazioni di conformità
ai requisiti in essa
contenuti. Certificarsi
secondo la ISO 14001 non è
obbligatorio, ma è frutto
della scelta volontaria
dell'azienda/organizzazione
che decide di
stabilire/attuare/mantenere
attivo/migliorare un proprio
sistema di gestione
ambientale. È inoltre
importante notare come la
certificazione ISO 14001 non
attesti una particolare
prestazione ambientale, né
tantomeno dimostri un
particolarmente basso
impatto, ma piuttosto stia a
dimostrare che
l'organizzazione certificata
ha un sistema di gestione
adeguato a tenere sotto
controllo gli impatti
ambientali delle proprie
attività, e ne ricerchi
sistematicamente il
miglioramento in modo
coerente, efficace e
soprattutto sostenibile.
Il sistema "100%
energia verde"
riconosce come
"energia verde"
l'energia
rinnovabile che
soddisfa anche
criteri di
sostenibilità.
Il Marchio 100%
energia verde è il
primo marchio
italiano che
certifica l'energia
prodotta da fonti
rinnovabili
"sostenibili", ed è
destinato a
produttori,
consumatori finali,
grossisti e traders.
Il marchio, di
valenza
internazionale,
attesta l'idonea
provenienza
dell'energia,
qualifica i
produttori e gli
utilizzatori di
"energia verde" per
il loro impegno a
favore dell'ambiente
ed ha lo scopo di
creare un sistema
volontario di
mercato per
incentivare la
produzione di
energia da fonti
rinnovabili.